Nel
tredicesimo canto Dante e Virgilio, traghettati sull'altra riva dell'Acheronte, si avviano per una fitta boscaglia abitata dalle Arpie che risuona dei lamenti dei
suicidi.
Dante guardandosi intorno, non vede nessuno e su consiglio di Virgilio, coglie un ramoscello che sporge da un gran pruno. Il tronco grida perde sangue e parla.
E' l'anima di
Pier della Vigna che morto suicida, è ora legato al corpo di una pianta. Pier della Vigna, era stato segretario di Federico II ma, calunniato per invidia dai cortigiani, non aveva retto all'onta e si era suicidato.
Dante mosso da pietà non riesce a parlare e chiede a Virgilio di interrogare l'anima che spiega loro che i suicidi, appena giudicati da Minosse, cadono nel settimo cerchio e mettono radici.
Mentre i due poeti sono intenti ad ascoltare le parole di Pier della Vigna, si ode un grido disperato ed un correre di due anime inseguite da una torma di cagne fameliche. Sono le anime di due scialacquatori: Lano e Iacopo da Sant’Andrea che cercano di nascondersi dietro ad un cespuglio, ma le cagne le raggiungono e le dilaniano.
Anche il cespuglio resta distrutto nella lotta e l'anima che vi è prigioniera, si raccomanda piangendo di raccogliere le sue fronde. E' l'anima di un fiorentino morto impiccato nella sua stessa casa.
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