Riassunto del terzo canto del Purgatorio in cui si trova la prima schiera dei i negligenti: i morti scomunicati.
Luogo: Antipurgatorio .
Personaggi: Virgilio, Dante e Manfredi.
Trama
Disquisizione sulla conoscenza razionale
Al rimprovero di Catone per il loro indugiare, le anime fuggono in modo disordinato, mentre Virgilio, mortificato per l’errore commesso, prosegue a passo svelto intento nei suoi pensieri. Quando finalmente rallenta il passo, i due poeti si trovano alle pendici di un monte altissimo che ormai il sole è alle loro spalle.
Dante scorge la propria ombra e nota che è l’unica per cui teme di essere stato abbandonato da Virgilio il quale si accorge dei suoi timori e con sollecitudine amorosa lo rimprovera per la sua diffidenza. Poi gli spiega che egli, come tutte le anime, pur avendo un corpo visibile, è in realtà solo spirito, per cui non deve meravigliarsi se non si forma nessuna ombra. Inoltre le anime soffrono i tormenti fisici come i mortali per una legge divina che gli uomini non possono capire con la ragione.
A questo punto Virgilio si rivolge agli uomini invitandoli ad accontentarsi di conoscere i fatti senza indagare sulle cose immortali e divine che eccedono la loro intelligenza come invece hanno cercato di fare Platone ed Aristotele e molti altri filosofi. Se infatti l’uomo avesse potuto conoscere tutto, non sarebbero state necessarie la nascita e la redenzione di Cristo .
Detto questo, Virgilio tace turbato.
Incontro con Manfredi
Intanto i due poeti sono giunti ai piedi della montagna che presenta una costa così ripida che non era possibile scalare, e mentre Virgilio riflette sul cammino da prendere, Dante scorge sul lato sinistro una moltitudine di anime che avanza verso di loro.
Virgilio si avvicina per chiedere in che modo salire sul monte e le anime dapprima si avvicinano, poi intimorite dall’ombra che veniva proiettata dal corpo di Dante, indietreggiano. Virgilio le incita a non aver paura poiché se è vero che Dante ha un corpo umano è anche vero che egli è arrivato in Purgatorio per volere divino.
Le anime, rassicurate, invitano i poeti a seguirle. Una di loro, alto biondo e con una ferita al sopracciglio, si rivolge a Dante e lo invita a guardarlo per vedere se lo riconosce. Il poeta non lo riconosce e l’anima, mostrandogli una ferita al petto, dice di essere Manfredi, nipote dell’imperatrice Costanza, e lo prega, una volta tornato tra i vivi, di riferire alla figlia , madre dei re di Sicilia e d’Aragona, la verità sulla sua morte.
Comincia dunque a raccontare la sua storia: quando era stato ferito mortalmente, Manfredi si era rivolto a Dio pentendosi dei suoi peccati e questi nella sua infinita bontà lo aveva accolto tra le sue braccia.
Se il Vescovo di Cosenza mandato dal papa, avesse inteso la capacità divina di perdonare chi si pente anche in punta di morte, non avrebbe, continua Manfredi, portato le sue ossa in una terra scomunicata, fuori dalla Chiesa, ed esse riposerebbero ancora sotto il ponte presso Benevento.
Inoltre Manfredi spiega a Dante che anche se scomunicati dalla Chiesa non si perde la grazia eterna, ma qualora ci si penta in punta di morte bisogna attendere ai margini del Purgatorio tanti anni quanti si è vissuti nella scomunica. Il tempo può però essere abbreviato dalle preghiere dei vivi ed è per questo che Manfredi chiede a Dante di riferire la sua condizione alla figlia Costanza, affinchè preghi per lui.
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